Bella de Paija

(XV secolo)

Illustrazione tratta dalla "Haggadah dorata" (1320)

La medichessa miniola

A Mineo, come detto in altre occasioni, fino all’espulsione del 1492 era presente una attiva e numerosa comunità ebraica, il cui ricordo nella città è ormai quasi unicamente tramandato dalla toponomastica. [1] In quel quartiere, la giudecca miniola, che all’epoca era chiamato “Pusterna degli ebrei” (“pusterna” perché prossima alla posterla, una porta secondaria nelle mura cittadine) si concentrava la maggior parte degli abitanti di religione ebraica. [2] Alcuni documenti, come ad esempio gli atti redatti dal notaio Pietro Pellegrino tra il 1428 e il 1431, testimoniano di una comunità che si occupava di numerose e diversificate attività non di rado inserite in uno spazio geografico che andava ben oltre le mura cittadine.
Tra queste di grandissimo interesse era quella di professioni mediche che in un caso molto particolare riguardava una delle prime figure di medico donna della storia siciliana. [3]
Donna Bella de Paija era un’esperta in “qualsivoglianu infirmitati di celurgia”, una dottoressa talmente “brava e famosa” che segnarne l'eccezionalità intervenne la famosa la regina Bianca [4] che con un atto formale del 6 settembre 1414 rivolto agli amministratori della città (ricordiamo che Mineo all’epoca faceva parte della Camera Reginale) [5] la liberò dai vari obblighi a cui erano sottoposti gli ebrei: “angaria, perangaria, collecti, imposicioni, guardie, pusati et qualsivoglianu angarii”.[6] Successivamente Bella de Paija verrà anche esonerata da pagare ogni tipo di tassa.
Il caso di Bella, per quanto peculiare, non era un caso unico. Ad altre medichesse in quanto donne ed ebree si tentò negli ambienti professionali dell’isola di impedire l’esercizio della professione medica.[7]
Bella come le altre medichesse apparteneva ad un ceto privilegiato, aveva acquisito le conoscenze mediche non attraverso i tradizionali corsi di studio universitario, ma erano “frutto della pratica derivante da una consolidata tradizione” e dai testi di medicina quasi sempre scritti in arabo o tramandati da autori arabi. Per citare Henri Bresc, gli ebrei siciliani pur professando la religione mosaica utilizzavano normalmente l’arabo come lingua della comunicazione, della lettura e dello studio extrareligioso. Nel mondo arabo-giudeo, specie nordafricano, queste donne erano molto stimate dai loro clienti e reputate molto competenti. Come è ovvio pensare nella società dell’epoca era forte l’esigenza di medici che si occupassero del mondo femminile, e quindi, anche per opportunità legata ai precetti religiosi e alle convenzioni sociali, veniva quasi naturale che si sviluppasse una “classe medica” femminile. Anche per queste ragioni si giustifica la severa presa di posizione della regina Bianca nel caso delle angherie subite dalla miniola Bella de Paija. Le medichesse ebree, naturalmente, si distinsero soprattutto nell'oculistica e nella ginecologia e il loro successo era indubbiamente legato ad un approccio più pratico, lontanissimo dalle elucubrazioni filosofiche che, fino alla rivoluzione galileiana, spesso caratterizzavano la scienza medica professata da medici maschi e non ebrei.
L’atto della regina Bianca permise alla nostra Bella, che evidentemente non aveva l’abilitazione all’esercizio della professione da medico (come normalmente accadeva ad altri dottori), di “imporla” come medichessa e di farla rispettare dal mondo medico suo coevo, perché riconosciuta indispensabile all “sanitati di li piacenti”. Così la miniola Bella di Paija, il 6 settembre del 1414, entrerà nella storia della medicina non solo siciliana.

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Note:
[1] Il riferimento è a Via e Cortile Ebrei.
[2] Si ricorda che la giudecca, a differenza del ghetto, non era un quartiere chiuso e che non era obbligatorio per gli ebrei risiedervi. I ghetti nasceranno al centro-nord Italia nei decenni successivi all’espulsione dal regno di Sicilia.
[3] Diversi i medici ebrei minioli di cui si ha traccia. Tra questi alcuni membri della famiglia dei Sosen vennero esonerati dal pagamento delle imposte. Beneficiari furono: Vita (o Vito) de Sosen (1361), Bulfarachio de Sosen (1392), e Josep de Sosen (1425).
[4] Bianca di Navarra o Bianca I di Navarra o Bianca di Evreux (Pamplona, 6 luglio 1387 – Santa María la Real de Nieva, 3 aprile 1441) fu regina regnante di Navarra dal 1425 al 1441; in precedenza, in seguito a matrimonio, era stata per sette anni anche regina consorte di Sicilia dal 1402 al 1409 e reggente fino al 1415. Dagli storiografi siciliani è chiamata semplicemente la regina Bianca.
[5] "La Camera Reginale costituì una vera e propria dote assegnata da Federico III, Re di Sicilia, alla consorte Eleonora d'Angiò come dono di nozze nel 1302. Costituiva una sorta di feudo a disposizione della regnante e veniva amministrata da un governatore. Il dominio col tempo cambiò, tuttavia si può genericamente dire che era formata dai territori dei comuni di Paternò, Mineo, Vizzini, Castiglione di Sicilia, Francavilla di Sicilia, Siracusa, Lentini, Avola, il borgo messinese di Santo Stefano di Briga e l'isola di Pantelleria. Il Castello Maniace fu la sede della Camera Reginale che, morta Eleonora, venne ereditata dalle Regine che si susseguirono, sino al 1537 quando venne abolita." [Wikipedia] Bisogna aggiungere che sugli ebrei, non solo perché abitanti di una città della Camera Reginale ma anche perché considerati "servi" diretti della corona, si riconosceva giurisdizione massima solo da parte del potere centrale del regno di Sicilia.
[6] Tra tutte gli obblighi di servizi a cui dovevano sottostare gli ebrei (comunque a titolo individuale) alcuni erano particolarmente comuni. La "guardia" imponeva agli ebrei di fare da ronda per le strade delle città durante la notte. Le "angarie" erano simili alle corvée a cui erano vincolati i servi della gleba del resto d'Europa, come ad esempio l'obbligo a pulire il castello o a lavorare gratuitamente nei campi del castellano (in questo caso la Regina Bianca stessa); le "collette" erano le raccolte finanziarie più o meno estemporanee e obbligatorie a cui erano sottoposti i membri delle comunità giudaiche; la "posata" era l'obbligo di fornire l'alloggio agli ufficiali del Regno. L'applicazione delle varie "angarie" nelel varie città non era omogenea: talvolta la comunità riscattava pagando il diritto ad essere esentata dai servizi richiesti [cfr. Henri Bresc, "Arabi per lingua, ebrei per religione. L'evoluzione dell'ebraismo siciliano in ambiente latino dal XII al XV secolo", Mesogea, 2001, p. 96].
[7] Per citarne due: Mituca Saittuni, figlia del medico Micael di Marsala e Verdimura di Catania. In particolare, Virdimura, moglie di Pasquale, medico di Catania, fu esaminata nel 1376 dai medici della Regia Corte di Federico e ottenne il permesso di esercitare la medicina in tutto il regno. La medichessa catanese si volle dedicare alla cura dei poveri che avevano difficoltà a pagare le enormi parcelle di altri medici.

Bibliografia:
- “Medici e medicina a Catania dal quattrocento ai primi del novecento”, a cura di Mario Alberghina, ed. Maimone, 2001.
- Henri Bresc, "Arabi per lingua, ebrei per religione. L'evoluzione dell'ebraismo siciliano in ambiente latino dal XII al XV secolo", Mesogea, 2001.
- Viviana Mulè, “Bella de Paija” in “Siciliane, dizionario biografico”, a cura di Marinella Fiume, Emanuele Romeo Editore, 2006