Il terremoto dimenticato

(Mineo, 3 ottobre 1624)

Un giovedì: doveva essere un caldo giovedì di un pomeriggio di un autunno appena accennato, quando verso le 5, ancora una volta la terra tremò, le vene tremarono e la gente terrorizzata fuggi via, come aveva già fatto sessant'anni prima e avrebbe fatto dopo sett'antanni. Casalini, capanne, ovili, rifugi di fortuna avrebbero accolto, chissà per quanti mesi, le paure dei minioli. Era il 3 ottobre del 1624.
In questo gennaio del 2018, giustamente si ricordano due importanti eventi sismici: il terremoto del Belìce di 50 anni or sono e quello terribilissimo del 1693 che sancì una svolta epocale nel tessuto socio-economico di un'amplissima area del Regno di Sicilia, il Val di Noto.
Nel '93 Mineo fu gravemente danneggiata, migliaia furono i morti, la città già provata da carestie e invasioni di cavallette vedeva così chiudersi un "seculus horribilis".[1] Circa centocinquant'anni prima (nel 1542) un evento simile aveva colpito la stessa area, ma quello del 1693 imprimette alla nostra isola un segno che ancora oggi, tra barocco, città nuove e depauperamento delle risorse la caratterizza.
Ma sessantanove anni prima un altro evento, misconosciuto per il suo carattere squisitamente locale, aveva aperto il terribile secolo miniolo.
Il grande militellese Pietro Carrera,[2] grande letterato, storico e primo eccelso teorico del gioco degli scacchi, ne parlò nel suo "Il Bonanni dialogo" (stampato a Messina nel 1625): mentre era in viaggio da Canicattini diretto a Ravanusa, venne a sapere che un forte evento sismico aveva colpito Mineo e la vicina Militello.[3] Tornato in patria appurò lo stato di grande sconforto in cui erano cadute le popolazioni locali. Tranquillizzato dal fatto che i suoi averi erano sostanzialmente intatti riprese il cammino.
In realtà su questo terremoto si hanno solo poche informazioni, notizie legate più alle fasi concitate e difficili del post-terremoto che non all'evento in sé.
"L'area colpita stava subendo, come gran parte della Sicilia, la depressione economica comune anche a molte altre parti d'Italia" e quell'evento, nell'immaginario della popolazione, fu uno delle tante epifanie dell'ira divina contro genti che a fatica cercavano di scrollarsi di dosso i retaggi intellettuali di secoli di sudditanza alla Chiesa.
"Le uniche informazioni reperite, relative agli effetti nel contesto sociale, riguardano alcune annotazioni sulla reazione popolare determinata dal panico e l'intervento a Mineo delle autorità vicereali per calmierare i prezzi della manodopera e dei materiali nella fase di ricostruzione." In altre parole il governo vicereale impose ai giurati di Mineo (gli amministratori locali) di bloccare i prezzi della manodopera e dei materiali nella fase di ricostruzione. Conseguenza attestata fu "la comparsa di una sorgente di acqua calda e sulfurea" nei pressi di Palagonia, con molta probabilità un rafforzamento dell'attività dei laghetti di Naftia .
I più agée tra i minioli sanno che, in passato, eventi sismici molto localizzati hanno colpito il nostro paese (ad esempio alla metà degli anni '70). Il terremoto del 1624 fu uno di questi, ma di gran lunga più devastante. Non si hanno stime dei morti e dei danni che furono, i primi qualche decina, i secondi considerevoli se Palermo dovette intervenire.
Da ricostruzioni fatte negli ultimi anni dai sismologi il terremoto con epicentro nell'area menenina fu di 5,6 gradi Richter (per intenderci il terremoto dell'Aquila fu di 5,8/5,9 scala locale).
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[1] Più in là si dedicherà un post più ampio al terremoto del Val di Noto a Mineo.
[2] http://www.treccani.it/enciclopedia/pietro-carrera_(Dizionario-Biografico)/
[3] Danni, anche se di minore entità subì anche Caltagirone.