Scritture
Marinusa

Luisa Gennaro - Filippo Bozzali, Marinusa, Edizioni Mauriane, Mineo, 2021

Carlo Blangiforti
Una riflessione su Marinusa

Presentazione del libro "Marinusa" il 4 agosto 2021 ad Ispica (RG)

Il bel romanzo di Gennaro e Bozzali non è cosa usuale. Non lo è per due ordini di fattori: perché è un libro di grandissima qualità e perché questa alta peculiarità sostanziale e formale è opera di due semi esordienti.
La qualità deriva da una scrittura pulita, essenziale ma mai superficiale, in cui i momenti d’azione (scusate il termine), i momenti in cui la narrazione ha un’accelerazione si integrano alla perfezione con le digressioni e le riflessioni delle numerose figure che popolano, in tutta la loro umanità e in tutto il loro spessore, il romanzo. Marinusa è libro che si legge con passione, che cattura e lega pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo; chiuderlo con la promessa di riprendere in altri momenti è veramente un sacrificio.
Marinusa è il luogo in cui si svolge la maggior parte della vicenda: piccolo borgo marinaro nella Sicilia sudorientale. La trama, al di là della linearità della vicenda, la voce degli autori, le strategie di racconto, i personaggi che popolano il libro contribuiscono alle qualità dell’opera. E spesso questi personaggi vanno oltre. Le figure che incontriamo nella lettura, anche quelle di supporto, i comprimari che in questo romanzo sono fondamentali, sono così piene e spesse, capaci di testimoniare un loro racconto intimo, una personale psicologia, che il lettore si convince siano portatori di una verità che va oltre il consueto. Per il lettore, alla fine, è lecito pretendere che ognuno di loro possa un giorno divenire protagonista di una narrazione tutta sua.
Il libro, ovviamente, non è solo i suoi personaggi. È un mondo di storie, in cui non esiste una verità, ma una costellazione di verità possibili che sa costruire un universo complesso di significati e di sentimenti, di consapevolezze e convinzioni: amore, odio, gelosia, mito, sofferenza e gioia, voglia di riscatto e di redenzione, sono tutte cose che impregnano fino al midollo queste trecentodieci pagine.
È, dunque, questo coacervo di sensazioni e suggestioni l’ingrediente che rende la storia, imbastita da Luisa Gennaro e Filippo Bozzali, affascinante e preziosa? Anche e non solo. È la perizia con cui gli autori hanno lavorato. Imbastire non è verbo casuale, ma è il più adatto per descrivere il certosino lavoro che i due hanno saputo fare per rendere questo romanzo un insieme che funziona, dove nulla è superfluo, un meccanismo perfetto, un orologio messo a punto da scrittori di consumata esperienza. Questo romanzo, che è il primo romanzo scritto da Bozzali e anche la prima prova assoluta della Gennaro, è opera a quattro mani e una partita in coppia non è mai cosa semplice da fare. Basta.

Luisa Gennaro


Una volta letto il romanzo si può esser tentati di azzardare, in un ascesso tassonomico, di volere definirne il genere. La questione, in linea di principio, riguarda più i critici che non i lettori e men che meno gli stessi autori. Per certi aspetti potrebbe esser accostato al noir, per altri ad un giallo psicologico con tratti di paranormale, potrebbe essere un mero romanzo di formazione o un semplice romanzo d’avventura, un mistery o un romanzo d’amore. È vero compare un delitto che, consumatosi, decenni prima, sarà risolto solo nelle ultime pagine del libro; i protagonisti hanno lineamenti che ricordano i personaggi di certi romanzi hard-boiled americani degli anni trenta e quaranta. È vero ci sono storie d’amore (secondo la lezione sempreverde dei classici russi dell’Ottocento nella contrapposizione tra coppie convenzionali e solide e coppie squassate della passione e dalla ribellione alle norme sociali), ci sono leggende, percezioni extrasensoriali che fanno capolino qui e lì, c’è tutto questo. Ma i nostri autori non amano le etichette e si vede: nel noir il protagonista non è mai la vittima, mentre Bruno e Delia (ma anche tutti gli altri) sono vittime del destino e delle scelte scellerate fatte da altri.
Quindi ora abbiamo una parvenza di sospetto di cosa non è Marinusa, ma dunque di che parla il romanzo? Il plot potrebbe essere riassunto in un percorso che il protagonista, l’avvocato torinese Bruno Dalla Rocca, devastato dai fallimenti e marchiato da un’infanzia oscura, intraprende allo scopo inconsapevole di dipanare i grovigli del suo passato e a contribuire a dissipare le ombre che ammantano l’anima dell’altra protagonista, Delia. In questo viaggio nei gironi di un paradiso siciliano, che ha tratti marcatamente infernali, ha delle formidabili guide: Nirìa, siciliano e saggio, Paolo Mortilla, Tano e Sara, il vecchio Tatò, il professor Santi Manfredi Lanza ecc. Ognuna di esse gli consente di appropriarsi di un aspetto di Marinusa, gli permette di superare le impasse che incontra e di proseguire il viaggio. Bruno aiuterà Delia proprio nel momento in cui tutto sembrerà perduto e facendolo salverà se stesso da un destino vocato alla sconfitta morale e spirituale.  Un oscuro vicolo cieco da cui fuggire è la Sicilia? No, un oscuro vicolo cieco è la vita in qualsiasi angolo del mondo. La Sicilia piuttosto è la terra del riscatto. Nell’isola si realizza la rinascita sotto una nuova stella, anzi una nuova e ammaliante luna. Questa terra è quella che riempie di sé le vicende di Bruno, Delia e degli altri. È citata, evocata e invocata continuamente nel romanzo. Certo, a prima lettura, pare una Sicilia più immaginata che reale, quasi didascalica, da Baedeker, senza asperità e apparentemente convenzionale. In cui il bello è tanto abbacinante da coprire le brutture di un territorio devastato. E forse è proprio così: nelle intenzioni degli autori c’è probabilmente la voglia di lavorare di opposizione tra una terra ideale e una realtà umana fatta di lancinanti contrasti.
In questi ventidue (più uno) capitoli, fitti di eventi, di storie, suggestioni, di personaggi tanto singolari quanto familiari c’è, dunque, tutto il mondo dei due autori: c’è la terra, la loro terra, la nostra terra. La Sicilia di Marinusa è un personaggio vivo che vuole e che merita di essere ammirato: c’è la campagna desolata, il mare come mito fondante di tutta una comunità, c’è la sua storia millenaria, c’è tutto ciò di cui un siciliano di media cultura non smetterebbe mai di parlare; ma sarebbe un grave errore limitarsi a quest’aspetto di superficie. Marinusa, il borgo marinaro, e con lei tutta l’isola, respira all’unisono con i suoi abitanti, uomini e donne dalla forte e inconfondibile personalità, uomini e donne che popolano come in un canto polifonico il lavoro di Luisa Gennaro e di Filippo Bozzali, il popolo di Marinusa è fatto di sale, sangue, terra e acqua, mito e realtà.
Polifonia si è detto, ma non vuol dire che le singole voci si fondono in un insieme armonico e indistinto, anzi al contrario come lo stesso Bruno scopre giungendo nel borgo, in questo “luogo” i tanti rumori, le tante voci conservano una forte individualità. Questo fanno e sono le voci dei protagonisti e delle “comparse” del romanzo. Una galleria nutrita di personaggi quelli di Marinusa.

Filippo Bozzali

Bruno, l’avvocato torinese dai tratti disperati e maledetti dei romanzi di Raymond Chandler, l’uomo dal cui squallido ufficio prende avvio la vicenda, uno che pare un investigatore alla Marlowe che ha sostituito al whisky la birra, Bruno Dalla Rocca è il motore evidente della storia. Lui si muove, è lui che inconsapevolmente (talvolta “consigliato” da Nirìa) fa accadere le cose. Lui è l’ingenuo Dante che attraversa i regni oltremondani alla scoperta di se stesso, di una terra dimenticata e di un passato che gioca a rimpiattino con tutti. Gioca anche con Delia, il passato. La dottoressa Mancuso all’inizio del libro ostenta quella sicurezza che stride con le sue evidenti fragilità irrisolte. Donna forte e fatale senza essere la bionda vamp delle pellicole holliwoodiane, mediterranea e bella come la terra di Marinusa, potente e fragile come la Sicilia, è come le donne di Dashiell Hammett una woman in the dark che nasconde più di quel che è disposta ad ammettere. E poi c’è lei Marinusa, il borgo di mare, protagonista indiscusso nel cui nome trova sintesi il mare e il mito di Inusa, la ninfa mezza ondina o rusalka, driade o sirena. È la sua presenza che lega assieme i numerosi elementi del romanzo, un filo rosso che, come uno spazio familiare intessuto di una miriade di dèmoni, fa di questo libro un libro interessante, complesso e completo.


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[dalla bandella, Filippo Bozzali]

«Ci sono luoghi che emanano un’essenza senza tempo; luoghi dove la realtà sembra incanalarsi verso direttrici già segnate, dove il passato e il futuro si fondono nel presente, e il presente si dipana come un film che scorre, un sogno già vissuto, una fontana mai vista prima, dove sai di esserti già dissetato.
Marinusa è questo. Marinusa è così. Il mito, la leggenda, il sogno abitano Marinusa, una cittadina dell'estremo lembo a sud e ad oriente della Sicilia, accarezzata dal mare più bello del mondo, riscaldata e illuminata da una luce che commuove, e protetta alle spalle dalle colline della Rocca, dai cui palmenti sgorga il vino che inebria gli Dei. Si rincorrono anche le storie, gli amori, i drammi.
Marinusa è il luogo dove tutti noi vorremmo abitare e dove in fondo un po' tutti abitiamo; il luogo dove anche il lettore più distaccato finirà per decidere di andare, di tornare, di ritornare, attratto dalla bellezza di una donna, dalla magia di una nenia, dalla frenetica lentezza del tempo che scorre senza scorrere e disegna sulla pelle frammenti d'eternità».


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Luisa Gennaro - Filippo Bozzali, Marinusa, Edizioni Mauriane, Mineo, 2021