Scritture
Un vento che passa, un'ombra, un niente

Carlo Blangiforti, Un vento che passa, un'ombra, un niente, I quaderni del centro, 2010

È una capra morta questa che vibra al vento tiepido di Camuti. È l’alba e questo è il mio ultimo giorno.
Gli anni si sentono, io li sento. Ne ho viste tante, di tutto: ho visto soffrire, ho visto morire le persone più care; ho visto piangere gente indurita dalle privazioni. Ho voluto bene, certe volte con il cuore, con le palme delle mani, altre per calcolo. Sono stato amato, sono stato odiato, detestato e apprezzato, umiliato e rispettato. In definitiva sono stato semplicemente un uomo.
Oggi sono muto, senza patria. Chiudo gli occhi, immagino una mano accarezzarmi la nuca, una manciata di mosche striscia sulle mie braccia. Lo so, le cose non sono state sempre così. Un tempo avrei lottato a modo mio ma fino alla fine. Però io non sono più. Basta. Cerco d’immaginare un suono per questa epoca: il planare della poiana sui calanchi di Donna Ragusa, la risacca di Galatea, le grida dei marinai su galeoni lontani, il rimbombo dei cannoni di Villaviciosa? Non so! Ogni tempo ha un ritmo diverso, questo è in diminuendo. Come potrei placare il buco che ho nel ventre? A qualcuno lo devo dire. Non c’è altro modo.