1693: dalla Catastrofe all’Utopia

Il terremoto, che del gennaio del 1693 sconvolse il Val di Noto, trasformò cose e uomini, modificò equilibri sociali e assetti politici, uccise sessantamila persone e cambiò per sempre i sopravvissuti di quella parte di Sicilia che “guardava a Levante”. I giorni, le settimane e i mesi a seguire diedero modo alle menti più raffinate dell’epoca di immaginare un mondo nuovo: riedificare negli stessi luoghi, costruire e rifondare dal nulla città immaginifiche o ricostruire fondendo il passato e il futuro in luoghi quasi contrapposti. Nascerà così un nuovo Val di Noto, una nuova utopia e un “miracolo di bellezza, di maestria, di perizia e di bel gusto” che oggi chiamiamo il “Barocco siciliano”, Patrimonio Unesco [Illustrazioni per le confezioni delle penne SYGLA di Salvatore Fazzino].

Ragusa: Il sogno rinnovato tra passato e futuro

Ragusa è Ibla, Ragusa è Ragusa Superiore. La sua storia, il suo stemma (“Crevit Ragusia Hyblae Ruinis”) e i suoi personaggi hanno da sempre raccontato il progredire di un’idea che si fa azione e pietra: dal grande generale siculo-arabo Jawhar al-Siqilli, alla ricostruzione del XVIII secolo, dai suoi uomini di raffinata sensibilità poetica (Vann’Antò) al sogno tutto razionale del capoluogo di provincia, dalle visionarie realizzazioni architettoniche, sovrapposizioni secolari, alle sfide economiche dell’oggi. Tutto a Ragusa parla di questo percorso notevole.693

Avola: La città esagonale e il sogno della città nuova

L’antica Avola era ubicata sul fianco dei colli Iblei. Poco più di un mese dopo il terremoto del 1693 il marchese di Avola Nicolò Pignatelli Aragona Cortes conferì l'incarico al frate architetto Angelo Italia di progettare la nuova Avola in un luogo nuovo (feudo di Mutubè), più vicino alla costa. Inizia così una nuova avventura, in cui il mare riprende il suo spazio nella vita degli avolesi: tonnare e mandorle, vocazione all’esportazione e menti acute che, come il grande agronomo Giuseppe Bianca, hanno studiato le potenzialità del suo territorio. Lo stemma cittadino compaiono le sue api a rappresentare la grande laboriosità di questa gente, una laboriosità che è, come quella delle api, solidarietà.

Modica: Non dimenticare mai, mai e poi mai

La “nuova” Modica non fu pianificata e realizzata sullo spazio vuoto di un altopiano, ma su quel che era rimasto. La sua riedificazione fu restauro di quel che aveva saputo resistere alla violenza della natura. Ci saranno altre prove che l’antica Moak affronterà, non ultima l’alluvione terribile del settembre 1902, ma tutte superate dalla grande fede nelle proprie radici e nelle glorie del passato. Cioccolato e arte, letteratura e vita. Il Barocco non dimentica quel che era stato e marcherà a lungo il carattere di questa gente e degli uomini che hanno avuto la ventura di nascervi: il sopravvissuto Tommaso Campailla, il grande poeta Salvatore Quasimodo o il letterato discreto e appartato Raffaele Poidomani Moncada. 1693