I “ ’nonni” e il bicchiere degli Zimbone

(Mineo, settembre 1930)


Questa è una storia che ha del sorprendente, ed è sorprendente per due motivi: il primo perché ha a che fare con il “soprannaturale” e il secondo (e questo di gran lunga più interessante) perché questa storia, per quanto bizzarra e singolare, non ha lasciato nei minioli quasi nessuna eco.
Ma una premessa è doverosa: in questo breve post non si andrà molto nei dettagli che sono stati raccontati con un approccio rigoroso e “scientifico” da Sofia Lincos e Giuseppe Stilo su Queryonline.
Nel settembre del 1930 a casa del signor Giuseppe Zimbone in via Paolo Maura (nelle fonti giornalistiche “Mancia”) un bicchiere posato sul piano in marmo di un mobile si muove da solo. La straordinaria notizia è rilanciata il 28 settembre del 1930 dal “Corriere della Sera” di Milano. Mentre il popolino interpretò il fenomeno come causato dai “ ’nnonni” o dal diavolo, i cittadini menenini più illuminati tentarono di trovare una spiegazione scientifica, tra questi lo scienziato Corrado Guzzanti, sismologo e meteorologo di fama: Guzzanti avendo modo di osservare il fenomeno notò che il bicchiere (posato sul marmo e capovolto) si appannava e poi piano piano si muoveva spostandosi lungo il piano per poi fermarsi proprio sul bordo. Guzzanti aveva provato a riprodurre l’evento dopo aver asciugato il bicchiere: la cosa si era ripetuta.
Il quotidiano milanese tornò sulla vicenda anche il giorno dopo, e nella diatriba entrarono anche i più noti “metapsichisti” dell’epoca. La notizia, comunque, cominciò a circolare egli ambienti accademici dell’epoca, alcuni dei quali, malgrado le resistenze della famiglia Zimbone, provarono anche a riprodurre l’esperimento. Gli Zimbone ritenevano che il bicchiere fosse un dono “d’un defunto, che doveva continuare a stare dove era sempre stato, pena qualche sciagura”. Per i “metapsichisti” si trattava dell’azione di un medium inconsapevole delle sue facoltà, un familiare che doveva essere scoperto. Si mise all’opera il Guzzanti che, con l’ausilio di “un semplice strumento regolatore del dinamismo psichico” (come riporta “La Stampa” di Torino il 30 settembre), provò a misurare il fenomeno. Ma la famiglia (giustamente) scocciata da quel tamtam mediatico cacciò via curiosi e scienziati. L’interesse nel mondo accademico non pareva scemare: professori universitari si misero in contatto con Guzzanti con la speranza di poter fare esperimenti sul “bicchiere spiritato”. Il dibattito era acceso, ma un professore del Politecnico di Milano, Alessandro Amerio, parve porre la parola fine alla storia (siamo al 1° ottobre): “[…] il prof. Amerio, fatti portare in uno dei luminosi e modernissimi gabinetti del Politecnico una lastra di marmo, un bicchiere comune, ma regolarmente molato al bordo, ha acceso un becco Bunsen a gas. Prima condizione per la riuscita del fenomeno: una leggerissima inclinazione della lastra di marmo, inclinazione non controllabile dalla vista, quale si verifica nella maggioranza dei casi sulle superfici dei mobili domestici. Seconda condizione: un sottile strato d’acqua sul marmo, come può essere dato da una forte umidità atmosferica. Sulla lastra fu posto, rovesciato, il bicchiere, e lo si raffreddò con un po’ di ghiaccio. Il fenomeno di Mineo si inizia con una leggera appannatura del recipiente che poi si copre interamente di rugiada. Scientificamente – ha detto il prof. Amerio – ciò si può spiegare solo con una diminuzione della temperatura, che condensa in liquido il vapore acqueo sospeso nell’aria. Infatti, opportunamente raffreddato, anche il bicchiere milanese si è appannato celermente nella superficie interna.” Il movimento spontaneo era dovuto ad un aumento della temperatura dell’ambiente: “La spiegazione è questa: con il calore, l’aria contenuta nell’interno si dilata e la maggior pressione tende a tenere sollevato sul velo d’acqua il bicchiere. D’altra parte l’acqua stessa, contornando tutto l’orlo del recipiente, garantisce la perfetta tenuta del bicchiere rovesciato. Di quando in quando l’aria interna, che tende a liberarsi, solleva lievemente l’orlo, imprimendo un piccolo urto al bicchiere, il quale, tenuto, come si è detto, quasi sospeso sull’acqua, scivola facilmente sulla superficie impercettibilmente inclinata del marmo, nel senso della inclinazione stessa. Infine, al limite della lastra, il bordo del bicchiere viene a sporgere nel vuoto per qualche millimetro, ciò che basta a liberare l’aria in pressione e ad interrompere il movimento”.
Il bicchiere dell’esperimento milanese si era mosso, “senza spiriti né magia”.
Tutto chiaro? Non proprio. Dopo alcuni giorni i giornali nazionali ripresero a parlarne, troppo ghiotta la storia, ma la famiglia Zimbone era irremovibile nella convinzione che dietro al bicchiere ci fosse il “catananno” defunto.
Gli Zimbone si opposero a qualsiasi esperimento sotto controllo scientifico.
Ma come reagì la cittadinanza? Stando ai reportage de “La Stampa” del 5 e 7 ottobre “tutto il paese era in trepidazione”. In piazza e nel Circolo di Cultura se ne parlava a bassa voce quasi con scaramanzia, alcuni credevano fosse un presagio temibile, forse un imminente terremoto, si parlava del fenomeno con circospezione e a voce bassa, “come di vicenda che dalla realtà sta per passare nell’alone del mito”. Il bicchiere era, per loro, un cattivo presagio: tutto quel che sarebbe successo a Mineo da quel settembre del 1930 fu riportato allo strano caso del “bicchiere spiritato”, la gente si sottoponeva ad esperimenti paranormali, persone semplici invocavano grazie e guarigioni. Gli Zimbone, evidentemente, ne erano esasperati, ma continuarono a ritenere di origine soprannaturale il fenomeno (una delle figlie aveva notato il fenomeno mesi prima e alla vigilia della scoperta “principale” era apparso in sogno il nonno al figlio dodicenne).
Piano piano la vicenda scivolò nel dimenticatoio. Per alcuni mesi se ne continuò a scrivere sulle riviste internazionali di spiritismo.
Poi tutto come era iniziato finì. La vicenda scomparve dalla memoria della città all’improvviso… e questo sì fu un fatto sorprendente di spiritismo e magia.